Giornale di Brescia – 15 settembre 2007

Giornale di Brescia

Davide Bonetti accompagna Lella Costa al festival Acque e Terre

LELLA E LE RAGAZZE DI CAMPAGNA

In 500 sul prato a Calcinato per l’applaudita serata con la Costa, su testi di Revelli

C’erano cinquecento persone, accomodate su sedie e cuscini, all’aperto, nel prato digradante di casa Eoli a Calcinato, per l’ultimo appuntamento della rassegna “Memorie di terra”. Venute, in una sera umida, ad ascoltare la sempre bravissima Lella Costa, ben accompagnata da Davide Bonetti alla fisarmonica.

Chissà se diventerà mai uno spettacolo a tutto tondo, questa lettura di testi meravigliosi, colti da Nuto Revelli dalla viva voce di donne (e uomini) piemontesi, appartenenti alla generazione dei nostri nonni e bisnonni. Dal magnetofono alla pagina scritta, queste testimonianze dicono cose vere. Sono confessioni private e familiari, confluite in testi scritti, di cui Lella Costa ha intuito la natura teatrale.

Con il patrocinio della fondazione Nuto Revelli, la Costa, elegante e abbronzata, li ha proposti, libro alla mano, giocando con un lieve accento delle Langhe (ripescato dalle sue origini materne), fidando nella sua capacità – che sappiamo grande – di trasmettere emozioni con un semplice appoggio della voce, con una pausa o una sfumatura. L’attrice è strumento intelligente, “suona” i testi con facilità, s’immedesima con calore. Garantito quindi lo spettacolo anche così, senza regia e senza memoria, con solo un sensibile musicista ad interagire con motivi popolari rivisitati in chiave moderna.

Le storie di “Tornavamo dai campi cantando” sono storie vive, il linguaggio dell’oralità ne accresce la verità. Si parla di donne andate spose per volontà dei genitori, senza sapere niente del matrimonio; madri di dieci o quindici figli, molti dei quali destinati a morire in fasce; di lavoratrici della campagna (impegnate dalla mattina presto fino alla sera alle undici). E poi di guerra, di partigiani e di fascisti (“Mia madre diceva sempre: ‘Han solo delle storie’”); e di “masche” (fantasmi), di paure arcane. La donna testimone della Resistenza, la levatrice con niente studio e tanta pratica (“Ne ho fatti nascere 120”); la ragazzina presa all’ospizio (“per guadagnare qualcosa”); le balie, gli uomini che prendevano “la ciucca” e toccava andarli a recuperare e riportarli a casa. E la fabbrica come miraggio di una vita migliore per le generazioni future.

Un ‘film’ di parole che meriterebbe di essere ordinato a spettacolo, e di essere portato tanto in giro, per sollecitare la memoria degli anziani (al racconto del figlio disperso in Russia più di uno spettatore aveva il ciglio bagnato) e per dare radici solide ai giovani.

(Paola Carmignani)

Davide Bonetti accompagna Lella Costa al festival Acque e Terre